Il nostro Paese evidenzia, ormai da diversi anni, evidenzia un ritardo rispetto agli altri Paesi europei e ai grandi colossi di Stati Uniti e Cina negli investimenti e nei bonus per la ricerca e lo sviluppo scientifico e tecnologico. Le imprese italiane, a parte qualche rara eccezione, generalmente tendono ad investire poco in questo settore strategico e fondamentale per uno Stato che voglia essere protagonista a livello economico internazionale.
Fortunatamente, in questi ultimi anni, il governo italiano ha cercato invertire la tendenza e di incentivare e favorire questi investimenti, attraverso il cosiddetto Bonus per la ricerca e lo sviluppo. Una serie quindi di agevolazioni di vario genere per le imprese che volessero destinare denaro al miglioramento tecnologico e ad una maggiore competitività sui diversi mercati internazionali. Cerchiamo quindi di conoscere più nel dettaglio in cosa consista il bonus per la ricerca e lo sviluppo e a chi si rivolge.
Lanciato per la prima volta con la Legge di Bilancio 2020 (L.160/2019) e poi prorogato e migliorato con la successiva Legge di Bilancio 2021 (L.178/2020), questo bonus per la ricerca e lo sviluppo si presenta sotto forma di credito d’imposta su tutta una serie di attività strategiche delle imprese. Tra tali importanti attività troviamo investimenti in ricerca e sviluppo, nella transizione ecologica, nella cosiddetta innovazione tecnologica 4.0 ed ulteriori progetti innovativi.
Il bonus per la ricerca e lo sviluppo è destinato a favorire la spesa delle imprese private in ricerca, sviluppo ed innovazione tecnologica, al fine di supportarne ed incrementarne la competitività sotto tutti i punti di vista ed agevolarne, al tempo stesso, i processi di transizione digitale e nell’ambito della cosiddetta economia circolare e della sostenibilità ambientale. E se tale questo inizialmente era limitato soltanto al periodo d’imposta 2020, adesso, con la Legge di Bilancio 2021, esso è stato prorogato fino a tutto il 2022.
Per quanto riguarda le attività di ricerca e sviluppo, il credito d’imposta riconosciuto è del 20%, con un tetto massimo di 4 milioni di Euro. Per quelle società che operano in Sicilia, Calabria, Basilicata, Campania, Puglia, Sardegna, Abruzzo, Molise ed anche Lazio, Marche ed Umbria (aree degli eventi sismici del 2016 e 2017), tale credito d’imposta del bonus per la ricerca e lo sviluppo si incrementa ulteriormente al 25% per le grandi imprese, al 35% per quelle medie e al 45% per le piccole.
Per quanto concerne invece le attività di innovazione tecnologica, si arriva al 10% per un limite massimo di 2 milioni di Euro. Per attività di innovazione tecnologica destinate a realizzare prodotti o processi produttivi nuovi o considerevolmente migliorati, al fine di ottenere l’obiettivo della transizione ecologica o dell’innovazione digitale 4.0, il credito d’imposta riconosciuto attraverso questo bonus è del 15%, con un tetto non superiore a 2 milioni di Euro.
Per le attività connesse al design e all’ideazione di tipo estetico, il credito d’imposta per le imprese si attesta al 10%, fino al limite consentito di 2 milioni di Euro. Tra le spese ammesse in questo caso specifico dal bonus per la ricerca e lo sviluppo, vi sono anche quelle relative ai software e quindi a programmi telematici. La legge di Bilancio 2021, rispetto a quella precedente, ha quindi incrementato sia le singole aliquote che i limiti massimi di credito.
Il credito riguarda quelle spese relative alla ricerca, sviluppo, innovazione e design ed effettuate nel periodo d’imposta successivo al 31 Dicembre 2019. Per il riconoscimento del bonus per la ricerca e lo sviluppo, tali spese devono essere documentate attraverso una specifica certificazione emessa dal revisore legale dei conti. Per quelle società non obbligate a tale revisione dei conti, le spese relative alla necessaria certificazione sono riconosciute come ulteriore credito d’imposta, per una quota non superiore a 5.000 Euro.
Tra le diverse spese ammesse ad usufruire di queste agevolazioni, vi sono le spese per il personale, relativamente sia a ricercatori che tecnici, che abbiano un rapporto di lavoro subordinato oppure lavoro autonomo o, ancora, un'altra tipologia di rapporto, ma che sia diversa da quello subordinato. Tali soggetti devono essere impiegati in maniera diretta in attivitá di ricerca e sviluppo, design ed innovazione e che sia svolte all'interno di un'impresa. Particolari agevolazioni vi sono anche per quei lavoratori al di sotto dei 35 anni, al primo impiego e con dottorato di ricerca o laurea.
Ulteriori spese ammissibili, tra le altre, sono le quote di ammortamento, i canoni di locazione semplice o quelli di tipo finanziario e tutte quelle spese eventualmente connesse a diversi beni materiali mobili e software usati sempre in progetti di ricerca e sviluppo, design ed innovazione. Tutto questo per la creazione di impianti pilota od anche prototipi, sia pur in presenza di condizioni e limiti massimi consentiti particolari.
Altre spese ammissibili rientranti nel Bonus per la Ricerca e Sviluppo sono quelle relative a contratti di ricerca extra-muros, che avessero come oggetto lo svolgimento in maniera diretta da parte del soggetto commissionario di attivitá di ricerca e sviluppo, design ed innovazione ammissibili al credito d'imposta. Condizioni particolari e specifiche vi sono se tali contratti di ricerca extra-muros fossero stipulati con universitá ed enti di ricerca italiani, con soggetti od imprese facenti parte dello stesso gruppo dell'impresa committente oppure con soggetti stranieri.
Poi vi sono anche le spese per servizi di consulenza e servizi equivalenti, sempre relative ad attivitá di ricerca e sviluppo, design ed innovazione ammissibili al credito d'imposta, aventi tuttavia alcuni limiti massimi e a condizione che i contratti siano sottoscritti con soggetti residenti in territorio italiano o fiscalmente residenti o localizzati in altri Paesi dell'Unione Europea o altri Stati purché comunque rientranti nell'accordo sullo Spazio Comune Europeo.
I giovani italiani si trovano spesso nelle condizioni di richiedere un prestito personale, questo a causa delle condizioni di lavoro più difficili e precarie che l’epoca attuale porta con sé. Lo dimostra il fatto che per molti under 30 è tutt’altro che semplice, per non dire impossibile, andare via di casa. Complice l’alto numero di contratti precari, anche tra chi ha una laurea e un titolo di studio solido, e le offerte di lavoro che presentano condizioni di minore stabilità.
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