Nell’ultimo ventennio ma più in particolare nel corso degli ultimi dieci anni le condizioni di salute generali dello Stato Italiano si sono aggravate in modo esponenziale. A dirlo non sono solo i cittadini del Belpaese che nella stragrande maggioranza dei casi (vedi in particolar modo nel meridione da Roma a scendere) non riescono ad arrivare a fine mese a causa delle precarie condizioni economiche nelle quali versano ma ci sono anche e soprattutto i numeri che combaciano alla perfezione con uno dei periodi storici più tetri e bui che la storia dell’Italia abbia mai conosciuto. Scopriamo quando si parla di condono delle cartelle esattoriali.
Come detto in gran parte d’Italia, ma soprattutto al Sud, le condizioni sociali sono tutt’altro che rassicuranti: a tal proposito sta cercando di mettere una ‘pezza’ il Governo Conte che nella Legge di Bilancio 2019 sta cercando in qualche modo di ottemperare a tutte quelle lacune e voragini che sono state aperte dai Governi precedenti.
A tal proposito in quella che è stata ribattezzata come vera e propria Pace Fiscale trova un lauto spazio quello inerente al condono delle cartelle esattoriali che gravano come macigni sulla testa di innumerevoli italiani. Il condono delle cartelle esattoriali riguarda ovviamente tutti gli abitanti della penisola ma per potervi accedere bisogna soddisfare determinati requisiti.
Come anticipato non sono tutti a poter accedere a quello che è il vero e proprio condono delle cartelle esattoriali. Andremo a vedere ora nel dettaglio chi sono coloro che possono usufruire di tali servizi al fine di allontanare l’ombra di Equitalia dalle proprie spalle:
La Legge di Bilancio del 2019, emanata ed elaborata a furor di popolo in base a quelle che sono state le reali richieste degli italiani e alla propaganda fatta dal Movimento 5 Stelle durante la campagna elettorale presenta però una grossa spada di Damocle sulla propria testa.
Va bene il Reddito di Cittadinanza, va bene la pensione integrativa e va benissimo il condono delle cartelle esattoriali ma stando a quanto riferito dagli esperti è dietro l’angolo la possibilità di assistere ad un ulteriore aumento dell’IVA. Perché?
Per poter far fronte a quanto idealizzato all’interno di questa Manovra urge trovare qualcosa come 12,5 miliardi di euro onde evitare spiacevoli sorprese. Come anticipato una delle peggiori è quella dell’aumento dell’IVA che rischierebbe di passare dall’attuale 22% attuale al 24,2% nel 2019 e addirittura al 25% nel 2021. Basta per porsi qualche domanda?
L’IVA è un’imposta, che viene calcolata in base al valore aggiunto, rappresentando così la principale imposta indiretta attualmente in vigore nell’Unione Europea e, in particolare, in Italia. Il modello è stato realizzato a partire dal 1967 da due diverse direttive comunitarie, oggi accorpate insieme nella direttiva del 2006, chiamata “Direttiva rifusione” L’IVA di fatto appartiene alla categoria sulle imposte sui consumi, che possono essere di tipologie diverse: una è quella monofase, ovvero messa in atto una sola volta; poi abbiamo la classe plurifase, cioè applicata alle varie fasi del processo produttivo-distributivo e differente in imposte plurifase cumulative o a “cascata” (Nella casistica per cui il tributo dovuto in ciascuna fase si somma agli altri).
L’IVA, sul piano della terminologia tecnica, è un’effettiva imposta plurifase a valore aggiunto. Possiamo al contempo definirla come un’imposta proporzionale, perché nel concreto il suo ammontare dipende dal prodotto tra il prezzo del bene e l’aliquota relativa, a prescindere dal numero di passaggi che il bene subisce nel corso del processo produttivo-distributivo.
L’anno 2021 conferma il proposito da parte dell’agenzia di riscossione delle entrate di cancellare le cartelle esattoriali più datate. Ciò avverrebbe nell’ottica di una riforma fiscale da orientare verso la semplicità e la trasparenza.
La cancellazione dei debiti più “vecchi” significa alleggerire anche i ruoli di riscossione, inoltre i debiti datati sono quelli più difficili da recuperare. La proposta di cancellazione del debito deve, però, rientrare nell’ambito della riforma fiscale che dovrebbe essere in discussione entro il 2021.
Le proposte al vaglio riguardano:
L’obiettivo è la semplificazione fiscale anche relativamente agli incentivi e agevolazioni che sono troppo frastagliate e diversificate per categorie.
In attesa della riforma fiscale, l’Agenzia delle Entrate conferma anche per il 2021 che la riscossione fiscale – temporaneamente sospesa a causa della pandemia – riprende, ma con la possibilità di sanare la propria posizione grazie al sistema del “saldo e stralcio” (per i debiti inferiori o pari a 1000 €) e della rottamazione. Il 2021 potrebbe anche introdurre un forte condono delle cartelle esattoriali antecedenti il 2015, ma solo per i debiti inesigibili. Le cartelle già notificate sono sicuramente coinvolte dalla nuova rottamazione o rottamazione ter le cui scadenze previste sono le seguenti:
Con il pagamento delle rate scadute, il contribuente non perde il beneficio della dilazione concessa dall’ente riscossore e i benefici della rateazione. Il termine del 1° marzo è, però, perentorio poiché non sono previsti i 5 giorni di tolleranza contemplati normalmente per i ritardi di pagamento alla scadenza fiscale. La scadenza del 1° marzo è rivolta ai contribuenti che hanno aderito alla rottamazione ter entro il 30 aprile 2019 o entro il 31 luglio 2019.
Speriamo che il nostro articolo sul condono delle cartelle esattoriali vi sia stato utile.
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