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La firma digitale è un sofisticato “strumento” di autenticazione sempre più richiesto nei rapporti istituzionali e ufficiali di scambio di documenti ed è qualcosa di diverso dal semplice apporre una firma scannerizzata o in formato elettronico. Vediamo, dunque, di cosa si tratta, come funziona, cosa prescrive la normativa italiana, come si richiede e si ottiene, quali sono i costi e le applicazioni pratiche.

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Definizione di questo documento informatico dalla valenza certificata

La firma digitale non è una “firma elettronica”, ma un meccanismo basato su procedure informatiche di chiavi crittografiche che permette di abbinare in modo inequivocabile e indissolubile un codice binario (corrispondente alla firma) a un documento informatico che è a sua volta un altro insieme di “bit” e codici che si traduce in atti, documenti e file giuridicamente rilevanti. Conferisce validità legale ai documenti informatici quali contratti, dichiarazioni, atti amministrativi.

L’art. 24 del D. Lgs. 82/2005 il Codice dell’Amministrazione Digitale (e successive modifiche) chiarisce che la firma digitale deve riferirsi in modo univoco a un solo soggetto e apposta sui documenti a cui è associata. Integra e sostituisce l’apposizione di Marche da bollo, sigilli, timbri, contrassegni legali o altro previsto dalla normativa.

Creazione e funzionamento di una firma digitale

Cittadini privati, professionisti, imprese possono firmare digitalmente i documenti ai quali desiderano attribuire un valore legale.

Nasce come il risultato di un procedimento informatico al termine del quale sia possibile determinare l’autenticità del documento, l’integrità e il non rifiuto dello stesso perché un documento con la firma digitale non può essere disconosciuto né modificato.

Si compone di una coppia di chiavi crittografiche ovvero due numeri binari della stessa lunghezza a 2048 bit. L’assegnazione della firma è a carico dell’ente certificatore che in Italia è l’Agenzia per L’Italia Digitale la quale emette un numero binario a 2048 bit che associa all’identità del richiedente le credenziali. Questa prima chiave è “pubblica” perché nota a tutti i soggetti coinvolti, successivamente viene generata una seconda chiave della stessa lunghezza di quella pubblica, ma è privata e a controllo esclusivo del titolare. La chiave privata viene installata in una smart card con microchip e si può utilizzare solo tramite password di sblocco (PIN). L’algoritmo che decifra la chiave privata, decifra anche la chiave pubblica e viceversa, creando l’abbinamento univoco. Per apporre la firma digitale, il titolare necessita di un software capace di calcolare l’impronta digitale del documento tramite la funzione di Hash. A ciascun documento corrisponde un’impronta diversa (in termini informatici, l’impronta deve essere di 256 bit). Una volta predisposta l’impronta, il software la invia al dispositivo di firma – la smart card a circuito protetto – la quale deve essere attivata dall’accesso tramite PIN del titolare. Il dispositivo di firma procede alla decifrazione dell’impronta del documento con la chiave privata e la procedura si conclude con l’apposizione della firma digitale sul documento.

L’associazione della firma a un documento avviene tramite l’uso di appositi formati; nel caso di documenti in formato .pdf, il formato da utilizzare è denominato PAdES.

Come avviene la verifica per la firma autografa

Il destinatario che desidera verificare la firma, deve utilizzare un software idoneo che estrae la chiave pubblica del documento firmato dal titolare. Il software “spacchetta” il file firmato, ricalcola l’impronta e decifra con la chiave pubblica la firma del titolare. Se collimano, la firma è valida, altrimenti non lo è oppure si è determinato un errore sul quale indagare.

La spiegazione è più complessa della realtà, dove tutte queste procedure si svolgono in pochi attimi e con rapidità automatica.

Come si ottiene il codice binario della firma dalla pubblica amministrazione

In Italia, l’ente preposto all’assegnazione delle firme digitali è l’Agenzia per l’Italia digitale. I software sono vari e si compongono solitamente di un dispositivo, la smart card, che contiene il certificato di firma digitale e può essere rinnovabile e di un dispositivo che legge la smart card. Altri prodotti, utilizzano le chiavette USB all’interno delle quali ci sono i certificati di firma digitale, inseriti nella Sim Card all’interno della chiavetta. Un’ulteriore evoluzione è rappresentato dal “Cloud” per cui i dispositivi di firma digitale sono remoti e permettono di firmare anche cumulativamente più documenti; il cloud funziona tramite dispositivi virtuali di firma e sono accessibili solo mediante sistemi di accesso sicuro come le password usa e getta generati dagli OTP, o dalle app per smartphone, o via messaggi sms. I provider certificati per la concessione delle chiavi binarie in Italia sono 18 allo stato attuale.

Firma digitale

Ciascun provider elargisce un proprio kit di installazione, in ogni caso, il richiedente deve recarsi personalmente presso il provider certificato del servizio di firma digitale con l’obbligo di presentare un documento di identità in corso di validità per l’identificazione certa.

I kit di firma digitale non comprendono anche quello di lettura e verifica della firma digitale, per cui vanno richiesti sempre agli stessi enti certificatori elencati. È bene sapere che per emettere la firma bisogna utilizzare il kit del certificatore che lo ha rilasciato, mentre i software di verifica delle firme possono essere diversi da quelli del certificatore. Trattandosi di software, i fornitori del servizio rendono disponibili sui propri siti internet i pacchetti e i manuali di istruzione con il software da scaricare. Il servizio di concessione è a pagamento, salvo per l’utilizzo di alcuni tool. Le tariffe variano e si può scegliere quella che si ritiene più conveniente e con gli strumenti che si ritiene di poter utilizzare più frequentemente.

I passi da seguire per l’ottenimento di un kit  sono, in sintesi:

  1. Individuazione di uno dei provider che vende il kit di firma digitale dopo attento vaglio delle offerte e dei sistemi;
  2. Identificazione del titolare presso un Pubblico Ufficiale in Comune, o presso un ufficio postale, a domicilio (tramite un postino) o via web (mediante web cam) con la presentazione di un documento d’identità in corso di validità;
  3. Attivazione del kit acquistato, utilizzando le indicazioni fornite dal proprio provider.

Dopo l’attivazione si può usare la propria firma digitale tramite l’avvio del programma fornito dal provider. Nel tempo sono necessari gli aggiornamenti del software per garantire l’efficienza del servizio.

Per apporre la firma digitale occorre selezionare il file da firmare, si sceglie il formato (.p7m è il formato del file originale con la firma, .pdf con possibile di apporre firma visibile o invisibile, .xml) e avviare la procedura.

Quanto costa il kit e l’ottenimento delle credenziali tramite posta elettronica

I costi variano in base al fornitore a cui ci si rivolge. I costi sono annuali e rinnovabili e si attestano intorno ai 30 € (iva esclusa) per la modalità di iscrizione remota, mentre per l’opzione USB con chip installato o smart card i costi oscillano tra 60 € e 80 € (IVA esclusa).

Gli ordini professionali e le camere di commercio solitamente rilasciano il kit gratuitamente per i dipendenti o gli iscritti, così come vi sono grandi aziende che lo rilasciano gratuitamente ai dipendenti che svolgono professioni per le quali si richiede la firma digitale.

Cosa prevedeva il piano per la Pace Fiscale del 2019

La cosiddetta Pace Fiscale 2019 si suddivise in diversi punti e in particolare vi rientravano una rottamazione delle cartelle esattoriali, un condono delle cartelle fino a 1.000 Euro, una dichiarazione integrativa speciale ed una sanatoria doganale. Andiamo ad approfondire e a cercare di comprendere più chiaramente ciascuno di tali punti.

Coloro che avevano beneficiato delle precedenti rottamazioni avvenute nel 2016 e 2017 oppure quei soggetti aventi debiti ricadenti tra il 2000 ed il 2017 e che avevano aderito per la prima volta, potevano stabilizzare la propria posizione col fisco a condizioni agevolate. In pratica, essi non dovevano pagare sanzioni o interessi moratori sul debito e, nel caso lo rateizzassero, potevano restituirlo attraverso 10 rate in cinque anni ad un interesse del 2%, anziché del 4,5% precedente. Inoltre, vi era la possibilità di compensare tale debito anche con eventuali crediti in essere con la Pubblica Amministrazione.

Quei contribuenti che, invece, dovevano pagare delle cartelle esattoriali relative al periodo 2000-2010 e di importo fino a 1.000 Euro (come, ad esempio, quelle connesse a multe stradali o tasse sui rifiuti o tributi locali), si videro stralciare e cancellare tali cartelle entro il 31 dicembre 2018. I concessionari o venditori di sigarette elettroniche o di prodotti sostitutivi del tabacco, che avevano contenziosi aperti con il fisco, potevano pagare il 5% dell'importo dovuto per ottenere la conclusione della controversia con lo Stato.

I contribuenti che avevano un contenzioso con l'Agenzia delle Entrate potevano pagare l'importo dovuto con uno sconto del 50% o del 20%, a seconda che tale ente fosse stato sconfitto, rispettivamente, nel primo grado di giudizio o nel secondo. Per altre tipologie di liti tributarie, l'importo da pagare sarebbe stato ridotto tra il 15% e il 40%. Queste disposizioni riguardavano tutte le controversie fiscali in cui il ricorso di primo grado era stato notificato alla controparte entro il 30 settembre 2018 e che non erano ancora terminate con una sentenza definitiva.

Coloro che avevano omesso di denunciare ulteriori redditi o entrate nelle precedenti dichiarazioni fiscali poteranno presentare un documento speciale, simile a un 730 integrativo. In base a questa disposizione, dovranno versare soltanto il 20% dell'importo che era stato omesso in precedenza. Tuttavia, potranno accedere a questa agevolazione solo i contribuenti che avevano effettuato la dichiarazione dei redditi e l'importo dovuto non doveva superare il 30% di quanto dichiarato, con un limite massimo di 100.000 Euro.

Per gli evasori fiscali sono previsti inasprimenti delle pene rispetto al passato.

Sanatoria doganale 2019 e Fatturazione elettronica per le imprese

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Nel caso si fosse coinvolti in controversie relative a cartelle di natura doganale, era possibile definire il contenzioso con lo Stato non pagando le sanzioni ricevute, ma versando solo una parte degli interessi di mora dovuti per dazi, IVA sui beni importati e tributi doganali. Per quanto riguarda la fatturazione elettronica delle società, rimaneva l'obbligo di emettere le fatture elettroniche dal 1 gennaio 2019, ma era prevista una riduzione delle sanzioni per coloro che, nei primi sei mesi, non fossero riusciti ad adeguare i propri sistemi informatici.

Novità del 2021 per quanto riguarda la pace fiscale

Dopo il cosiddetto Decreto Agosto, convertito in legge definitivamente nell'ottobre 2020, che ha comportato un blocco delle notifiche delle cartelle esattoriali e una facilitazione della rateizzazione dei pagamenti in corso, si sta delineando una possibile nuova pace fiscale. L'obiettivo è alleviare ulteriormente il carico fiscale sulle famiglie italiane, già gravemente colpite dalla pandemia da Covid-19 e dalla conseguente crisi economica e sociale. È importante sottolineare che non si parla di un condono, ma di un'opportunità per agevolare la situazione di contribuenti che presentano morosità non volontarie.

Si sta considerando la possibilità di introdurre una pace fiscale nel 2021, che potrebbe includere una nuova rottamazione delle cartelle esattoriali (conosciuta come Rottamazione Quater), insieme a un saldo e stralcio di altre cartelle e un posticipo delle notifiche di nuovi avvisi di pagamento da parte dell'Agenzia delle Entrate per le posizioni debitorie sorte nel corso del 2020. Questa iniziativa coinvolgerebbe circa 50 milioni di cartelle e accertamenti, riguardanti milioni di contribuenti italiani.

La rottamazione prevista in questa nuova pace fiscale consentirebbe ai contribuenti di estinguere i propri debiti con il Fisco senza dover pagare sanzioni e interessi per il ritardato pagamento. Il saldo e stralcio, invece, offrirebbe uno sconto a coloro che dimostrano di trovarsi in difficoltà economiche, documentate ufficialmente tramite un reddito ISEE inferiore a 20.000 Euro annui.

Un'altra misura contemplata in questa pace fiscale 2021 riguarderebbe una sorta di condono (dopo quello relativo al periodo 2000-2010), ma limitato al periodo fino al 2015, per le cartelle esattoriali con un importo inferiore a 1.000 Euro. Questa operazione consentirebbe l'eliminazione di miliardi di Euro (e delle relative cartelle) che non sono più esigibili o recuperabili in quanto appartenenti a soggetti falliti o deceduti.

Coloro che sono interessati a questa nuova iniziativa di cancellazione o alleggerimento dei contenziosi fiscali e tributari devono attendere le future decisioni del governo in merito.

I modelli di fatturazione elettronica “normati”

La trasmissione telematica delle fatture è un tipo di trasmissione dei dati e delle informazioni insite in fattura e avviene attraverso un canale telematico: qualora il mittente invii al destinatario i dati o le informazioni in fattura attraverso un canale elettronico, resta però obbligata sia da parte dell’emittente che del destinatario la materializzazione di un documento ufficiale. Altro modello è quello della conservazione sostitutiva, un processo autonomo indipendente dal mezzo tecnologico impiegato. Questo metodo consente di mantenere i documenti conservati, a prescindete se la loro natura è digitale o naturale. Esiste la possibilità di portare in conservazione sostitutiva solo una parte delle fatture emesse e ricevute, affinché si possano creare dei registri IVA dedicati. Ma a cosa serve la creazione dei registri sezionali?

Serve a numerare in ordine progressivo le fatture che vengono raggruppate secondo criteri indicati, come la tipologia di documento fiscalmente rilevante oppure la tipologia del cliente, in relazione alla sua nazionalità. Esiste inoltre la fatturazione elettronica, per la quale si intende una fattura in un formato interamente digitale, fornito di un riferimento temporale e della firma digitalizzata dell’emittente, che è stata a sua volta inviata in un formato elettronico al destinatario, delegato della conservazione nel formato originale e in sostituzione alla carta. Una fattura elettronica dunque è un documento che sorge, viene trasmesso e in seguito conservato sia da chi la emette che da chi la riceve, esclusivamente in un formato elettronico. Da tenere ben in considerazione è che una fattura, affinché sia considerata elettronica da chi la riceve, dovrà inevitabilmente essere stipulata in accordo tra i due interessati.

L’ultimo metodo citabile è lo scambio dati via EDI che, nel quadro della normativa sulla fatturazione elettronica, prevede l’uso di sistemi  complessi. Le fatture, ovvero i dati relativi alle fatture trasmesse mediante questi sistemi, possono essere concepite come delle fatture elettroniche anche senza la firma digitale e il corrispettivo riferimento temporale, nel momento in cui i sistemi attraverso i qali i dati vengono trasmessi, godano di una raccomandazione CE. Questa raccomandazione prevede che gli stessi sistemi di trasmissione dei dati, offrano la loro autenticità e garanzia.Nel nostro stato, diversi fornitori di servizi EDI garantiscono queste caratteristiche, per cui basta accertarsi che i  sistemi del proprio provider, mantengano attiva la citata, stipulando un accordo con i clienti e fornitori.

Funzionamento pratico

La normativa prevede la produzione di una fattura in formato .XML (eXtensible Markup Language) caratterizzata da informazioni ex DM 55/2013 per emettere fattura. Tale file è emesso e ricevuto utilizzando il Sistema d’Intercambio (SdI). Qualsiasi altra tipologia di fattura circoli non è da considerarsi semplicemente non emessa.

Le imprese si potranno avvalere di un canale pubblico gestito dall’Agenzia delle Entrate in cui possono indicare il canale attraverso il quale desiderano riceve fatture; questo servizio è facoltativo. È possibile anche accedere, attraverso credenziali, a un “cassetto fiscale” dove è possibile trovare le fatture di competenza dell’impresa, ciascuna delle quali sarà univocamente associata a un codice alfanumerico attraverso il quale è possibile ricercarla e individuarla.

Ovviamente, potrebbe capitare di ricevere una fattura non indirizzata alla propria realtà: è possibile ignorarla. Se invece la fattura contiene errori nei contenuti, è necessario emettere note di credito/debito, in quanto tale fattura è già stata emessa: il rifiuto della fattura,, previsto in potere alle PA, non è ammissibile in un contesto privatista.

Vantaggi della fatturazione elettronica per i privati

La fatturazione elettronica permetterà dei risparmi medi dovuti a maggior efficienza, minor impiego di personale e dematerializzazione della gestione dei documenti. L’ottica della normativa quindi guarda da un lato ai benefici fiscali nazionali, dall’altro a un aumento dell’efficienza e a una semplicità burocratica per le imprese e i professionisti.

Le fatture saranno sempre legate ad altri documenti che hanno per oggetto la stessa transazione (ES: documenti di trasporto). La mutazione di queste procedure, attraverso il momentaneo cambiamento di un solo anello della catena, è solo un passo di un percorso che garantirà da una parte un serio tentativo alla lotta per l’evasione fiscale, da un’altra un alleggerimento della gestione dei documenti in capo a imprese e professionisti.

fatturazione elettronica

Inviare correttamente una fattura elettronica

Nel processo di fatturazione elettronica è possibile inoltrare direttamente il file al cessionario/committente, oppure si può decidere di inoltrarlo a un terzo destinatario: è prevista, infatti, la presenza eventuale di intermediari: questi (che possono essere provider, software house, commercialisti, …) hanno la facoltà di emettere, per conto del fornitore, o di ricevere per conto del cliente. La responsabilità relativa al contenuto, ad ogni modo, è sempre imputata al titolare di fatto.

Per inviare la fattura è sufficiente inserire nella fattura elettronica l’indirizzo telematico di destinazione, quindi indifferentemente il campo contrassegnato come “Codice destinatario” oppure quello contrassegnato come “PECDestinatario”.

La fatturazione elettronica: le novità del 2021

Il 2021 porta con sé delle novità anche nel campo della fatturazione elettronica, in particolare dal punto di vista delle specifiche tecniche.
Aumentano, infatti, da 7 a 18 i codici “Tipo Documento” che vengono utilizzati per i file xml dal primo ottobre del 2020 e che sono obbligatorie dal primo gennaio del 2021.
La nuova versione della fatturazione elettronica comprende, oltre all’aggiunta di questi nuovi codici, anche un maggior dettaglio dei codici “Natura” dell’operazione, nuovi codici “tipo ritenuta” e “modalità pagamento”.

Per quanto riguarda i codici di Natura Iva, il contribuente ha l’obbligo di continuare a ridurre l’Iva detraibile per alcune operazioni in maniera tale da agevolare l’Agenzia delle Entrate, soprattutto perché i codici da 7 sono diventati 24.

Per quanto riguarda i cambiamenti alle codifiche sul “Tipo Ritenuta”, il contributo Inps (RT03), Enasarco (RT04), Enpam (RT05) e tutti quelli relativi ai contributi previdenziali (RT06) non avranno più l’obbligo di compilare il campo dedicato all’imposta di bollo.

Inoltre, sono state apportate delle modifiche anche alle nuove causali che possono essere indicate sulla ritenuta d’acconto: vi basterà consultare un buon sito e avrete a vostra disposizione più di 20 possibili versioni da indicare, compresa la dicitura “Z0” che corrisponde ad “Altro”.

Per quanto riguarda altre novità del tracciato troviamo l’aggiunta di due codici da inserire nel campo all’interno del blocco, tra questi troviamo l’M2 per la prestazione di lavoro autonomo non esercitabile abitualmente ed il codice Z0 sopra citato; tali modifiche sono state apportate per rendere più semplice allineare i codici delle ritenute con quelli della Certificazione Unica, evitando conversioni ed errori.

È stato introdotto, inoltre, un nuovo codice per quanto riguarda il pagamento PagoPA, nello specifico si tratta del codice MP23.
Infine è stato preposto un Sistema di Interscambio che calcola automaticamente l’imposta di bollo qualora la fattura elettronica dovesse assolvere l’imposta di bollo basterà indicare “SI”, rendendo così opzionale la compilazione del campo.

Tutti questi cambiamenti possono sembrare difficili da gestire, ma sono pensati per velocizzare tanto il proprio lavoro quanto quello dell’Agenzia delle Entrate, per un vantaggio comune.

Speriamo di avervi chiarito tutto sulla fatturazione elettronica.

Autore: Laura Perconti

Immagine di Laura Perconti

Laureata in lingue nella società dell’informazione presso l'Università di Roma Tor Vergata, Laura Perconti segue successivamente un Corso in Gestione di Impresa presso l'Università Mercatorum e un Master di I livello in economia e gestione della comunicazione e dei nuovi media presso l'Università di Roma Tor Vergata.