Ogni giorno, praticamente ad apertura di ogni telegiornale, veniamo letteralmente bombardati da quelli che sono dati più o meno significativi inerenti al mercato economico che ci informano sullo stato generale di salute dello Stato Italiano. Purtroppo, impossibile negarselo, la situazione del Belpaese è tutt’altro che facile e giorno dopo giorno ascoltiamo e/o leggiamo editoriali che gettano nello sconforto più totale chiunque sia in ascolto o in lettura.
Sempre più spesso sentiamo parlare di PIl (Prodotto Interno Lordo) e di Deficit: ma cosa significano nello specifico? Perché il futuro dell’Italia è sempre più tetro al cospetto di diverse realtà Europee che invece prosperano ricchezze e stabilità economiche lontane, apparentemente, anni luce se si passa al setaccio la situazione dello stato italiano?
Prima di iniziare in ogni caso a dare l’estrema unzione all’Italia è giusto precisare che l’Italia, a livello mondiale, è una forza economica anche se a dire il vero non lo si direbbe. È un paese affidabile, nonché padre fondatore della vecchia CEE e dell’attuale UE.
Il mercato è spesso severo, indulgente e spietato: per poter ottemperare ad una situazione di debito pubblico bisogna trovare le giuste chiavi ma questo è tutt’altro che facile e ci sono paesi, all’apparenza forti economicamente, ma che in realtà palesano gravi lacune.
Come detto precedentemente uno dei più grandi problemi dell’Italia, ma non solo, allo stato attuale delle cose è rappresentato dal rapporto Deficil-Pil. Ma cosa è?
Innanzitutto bisogna precisare cosa è il Pil: acronimo che reincarna il prodotto interno lordo non è che il fatturato annuale di uno Stato ovvero quanto guadagna dalle tasse dirette o indirette che siano.
E il Deficit vien fuori dalla differenza tra le entrate di una Nazione e le sue uscite quando gli esborsi superano gli introiti: un disavanzo, quindi in negativo, che comporta delle scoperture che devono giustamente essere rimpinguate per mantenere uno stato di salute ottimale dello Stato stesso.
Ma quale può essere il limite massimo che può essere raggiunto?
L’Ue nel tentativo di porre dei limiti agli Stati membri ha stabilito all’interno dei propri trattati un tetto massimo di deficit che non può oltrepassare il 3%. Nello specifico se uno Stato fattura 100 miliardi di prodotto interno lordo le uscite non possono superare i 103 miliardi quindi il 3% netto.
Ogni Nazione, in ogni caso, ha stabilito degli accordi privati con l’Unione Europea per ridurre progressivamente il deficit anno dopo anno. Anche l’Italia quindi ha stabilito un patto e nel caso in cui non venissero rispettati tali accordi andrebbe incontro a sanzioni provenienti direttamente da Bruxelles.
Uno dei paletti fondamentali della nuova manovra di bilancio è quello inerente alla riduzione del deficit per l’anno 2019. In base a quanto stabilito dal Governo Conte, dopo una lunghissima trattativa ricca di divergenze tra Governo e Ministero dell’Economia, è stato programmato l’iter da tracciare per l’Italia: l’obiettivo è quello di stabilizzarsi intorno al limite del 2,4% per l’anno 2019 a fronte del massimo, che come detto, è prossimo al 3%.
A questo punto una domanda sorge spontanea: se ovviamente il limite 2,4% è inferiore al 3% perché tutto questo polverone? Perché tutto questo scetticismo e queste preoccupazioni?
Di fatto il problema non avrebbe motivo di esistere ma se entriamo nell’ottica che l’Italia ha un debito pubblico superiore del 130% rispetto al prodotto interno lordo qualche domanda allora viene normale porsela.
L’obiettivo, inesorabile, è quello di ridurre sensibilmente questo debito che pesa come la spada di Damocle sulla testa degli italiani. Ovviamente ci vuole tempo, costanza e programmazione ponendo come obiettivo primario la riduzione e non l’aumento dello stesso. Sarà il Governo Conte a dare un chiaro segnale di svolta? I presupposti, sulla carta, sembrano esserci tutti...
Come detto precedentemente qualsiasi Stato Europeo che supera la soglia del 3% va incontro a delle sanzioni più o meno pesanti. Fermo restando che questo è un capitolo che apriremo successivamente una domanda sorge spontanea: ma chi ha stabilito che la soglia inerente al deficit non possa superare il 3%? Potrà sembrare assurdo o addirittura uno scherzo ma Guy Abeille, un ex funzionario francese del Ministero delle Finanze transalpino, spiega che è stata una scelta casuale senza alcun criterio logico che abbia portato a tale soluzione. Un paradosso dunque ma che obbliga comunque tutti gli Stati membri dell’UE ad avere dei limiti al fine di non incorrere in errore ‘gestionali’.
Altro paradosso, invece, è quello che riguarda le ipotetiche sanzioni che spetterebbero a tutti coloro capaci di sforare il 3%: un’analisi degli ultimi anni ha confermato che alcuni paesi europei (vedi Francia e Spagna su tutti) hanno superato svariate volte il limite. A questo punto è logico supporre che questi due paesi siano stati sanzionati a dovere, e invece? E invece nulla, come se niente fosse successo. Quindi anche quello che riguarda un punto cardine dell’economia mondiale presenta falle di una certa entità.
E l’Italia in tutto questo come si comporta? Secondo l’Istat il Belpaese è uno dei pochi Stati che sta rispettando a pieno tali normative. Nel 2016 infatti il deficit era al 2,4% mentre addirittura nel 2017 (e con precisione nei primi nove mesi) si assestava su una media prossima al 2,3%.
Nel 2018, invece, su 28 Stati membri dell’UE solo in 12 hanno rispettato le disposizioni che sono state previste: dati pessimi e sicuramente non confortanti anche perché a far riflettere maggiormente è la presenza di nazioni di ‘seconda fascia’ in questo ristrettissimo gruppo: Malta, Slovacchia, Lettonia, Bulgaria, Estonia e Lussemburgo messe addirittura insieme danno vita solo ed esclusivamente al 12% del pil comunitario.
Sul rispetto del 3% come tetto di quello che è il rapporto deficit-pil trova piccoli contrasti con l’idea del premier Matteo Salvini che, a differenza di quanto succedeva durante l’era Berlusconi, si dichiara scettico e ostico su tale limite: in caso di necessità infatti è stata dichiarata anticipatamente ‘guerra’ alla soglia. Che sia la scelta giusta? Viste le non sanzioni che arrivano dall’UE forse sbagliato non è ma di sicuro non spetta a noi giudicare anticipatamente cosa può e cosa non può succedere con il senno di poi ergo lasciamo l’ardua sentenza ai posteri...
I giovani italiani si trovano spesso nelle condizioni di richiedere un prestito personale, questo a causa delle condizioni di lavoro più difficili e precarie che l’epoca attuale porta con sé. Lo dimostra il fatto che per molti under 30 è tutt’altro che semplice, per non dire impossibile, andare via di casa. Complice l’alto numero di contratti precari, anche tra chi ha una laurea e un titolo di studio solido, e le offerte di lavoro che presentano condizioni di minore stabilità.
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