La violazione di un obbligo tributario comporta la conseguenza di una sanzione a seguito di un accertamento. L’ordinamento tributario prevede due tipi di sanzioni, quelle amministrative e quelle penali, a seconda del tipo di violazione commessa. La sanzione amministrativa consiste semplicemente nel pagamento di una somma di denaro.
Per quanto riguarda l'omissione della dichiarazione dei redditi vediamo le normative e le sanzioni collegate in base alla legge italiana.
Le sanzioni previste per l'omessa dichiarazione dei redditi sono contenute nel decreto legislativo 471/1997. Questo decreto ha subito molte modifiche, l'ultima è entrata in vigore il 1° gennaio 2016. Chiariamo subito che se seguito dell'omissione non emergono imposte dovute si applica la sanzione da euro 150 a euro 500, sempre che il contribuente effettui una dichiarazione tardiva entro l'anno successivo.
La legge, in effetti, regola le sanzioni nei minimi dettagli e questa soluzione è una mano tesa verso coloro che hanno deciso di rimediare all'omissione dimostrando, peraltro, che non vi erano imposte dovute. L'Agenzia delle Entrate ha decisamente intensificato i controlli e, di conseguenza, i cittadini inadempienti potrebbero preferire questa ammissione spontanea e tardiva a conseguenze ben più gravose.
In realtà, proprio la frase “se la dichiarazione omessa è presentata dal contribuente…” risulta essere un elemento poco chiaro. Essa infatti può dar vita a due diverse interpretazioni: la prima è quella di una riduzione delle sanzioni dirette applicabili in aggiunta a tutte le altre forme punitive; la seconda rimanda, invece, ad un' eliminazione di tutti gli altri provvedimenti punitivi. Sembra che la giurisprudenza recente sia orientata verso la prima interpretazione, cosicchè il contribuente caduto in errore può ravvedersi tardivamente e chiudere il capitolo.
Ad ogni modo il contribuente ha un periodo aggiuntivo di 90 giorni dalla scandenza (ravvedimento operoso) per presentare il proprio documento oltre la scadenza sempre considerando, ovviamente, il pagamento di una mora. La presentazione tardiva della dichiarazione entro 90 giorni dalla scandenza consentirà al contribuente di fare ammenda, con la sanzione pari ad 1/10 del minimo, mentre la dichiarazione presentata entro l'anno successivo non comporterà l’applicazione del ravvedimento operoso, ma della sanzione da euro 150 a euro 500.
Poichè l'omessa dichiarazione dei redditi è un reato ed eventuali errori in dichiarazione possono creare grossi problemi, il nostro consiglio è sempre quello di farsi seguire da un commercialista. Con il decreto legislativo sulla non punibilità del reato per “tenuità del fatto”, il giudice può procedere all’archiviazione del procedimento per i reati puniti con pena detentiva non superiore al massimo di 5 anni, o puniti con ammenda sola o congiunta alla pena detentiva.
La tenuità del fatto va valutata in base alla modalità della condotta, l’esiguità del danno, e l'abitualità o meno della condotta stessa. Con il nuovo decreto, dopo un’attenta valutazione, il magistrato non procederà con la sanzione della reclusione o quella pecuniaria
Per il reato di omessa denuncia dei redditi, la Cassazione ha affermato, in una recente sentenza, che la prescrizione dell’illecito penale decorre a seguito dei 90 giorni successivi alla scadenza del termine ultimo per la presentazione della dichiarazione annuale stabilito dalla legge.
Con il decreto legislativo sulla non punibilità dell'evasione per “tenuità del fatto”, l'illecito di omessa dichiarazione dei redditi rientra tra quelli per i quali si applica la nuova causa di non punibilità e, quindi, anche nel caso di responsabilità penale, il contribuente che ha omesso di presentare la dichiarazione dei redditi non è più soggetto a condanna.
In base alla nuova disciplina, gli avviso di accertamento tributario deve essere notificato entro sette anni dalla data ultima di omessa dichiarazione. Ad esempio, riguardo il 2016 e gli anni successivi si avrà il termine di accertamento tributario da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Ad esempio, per una dichiarazione infedele che attesta una cifra sopra i 50.000 euro di imposta evasa su un imponibile minimo di 2 milioni di euro, la normativa precedente prevedeva la reclusione da uno a tre anni. Oggi, invece, con la riforma del 2016 la suddetta soglia è stata elevata alla cifra di 150.000 euro su un imponibile di 3 milioni di euro.
Sempre secondo la riforma di cui sopra, viene considerata una dichiarazione dei redditi fraudolenta quella redatta con l’utilizzo di specifiche fatture e documenti atti a giustificare operazioni inesistenti. Per questa particolare tipologia di dichiarazione di tipo fraudolento la punibilità è estesa, dalla suddetta riforma, per tutte le dichiarazioni di imposta su redditi e IVA; diciamo, dunque, che sono punibili tutte le dichiarazioni di questo tipo e non soltanto quelle annuali.
In definitiva viene considerata "dichiarazione fraudolenta" quella che viene effettuata dal contribuente mediante l’utilizzo di artifizi, ovvero contenente operazioni simulate, o anche documenti falsi o altri mezzi ed ha come scopo la frode. In questo caso il reato si configura qualora:
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